La digitalizzazione della società ha fatto emergere numerose figure professionali altamente specializzate. Una tra queste è il Data Scientist che si occupa appunto del Data Science. Ma di cosa stiamo parlando? La data science viene definita come la scienza che estrae valore dai dati. È basata su metodi scientifici, prevalentemente statistici, e su tecniche di analisi per la trasformazione di dati in informazioni utili per uno specifico contesto e specifii obiettivi. In pratica il Data Scientist lavora attraverso i cosiddetti Big Data, ossia dei dati che posseggono un volume tale che si fa necessaria, per il loro utilizzo, l’uso di tecniche e metodi specifici, per analizzarli in tempo utile.
Quello dei Big Data è un mercato che, secondo recenti studi, è cresciuto in Italia del 6% per un valore di circa 1.815 milioni di euro, nonostante i cenni di rallentamento avvenuti nello scorso anno per effetto della pandemia da Coronavirus.
Prima di scoprire per quale ragione questo ambito sia diventato così importante nella nostra società è necessario fare una premessa. Quando parliamo di Data Science non bisogna mai confonderla con l’Intelligenza Artificiale e il Machine learning.
L’Intelligenza artificiale (IA) afferisce alla dimensione dell’informatica, opera attraverso macchine in grado di simulare il comportamento umano. Queste si differiscono in relazione all’utilizzo o meno del Machine Learning (ML). Quest’ultimo, tradotto letteralmente “macchina che impara” è un software attraverso cui la macchina impara autocorreggendosi. Pertanto, ad uno specifico input non corrisponde più un output certo. La macchina elabora in autonomia dando un risultato ignoto all’essere umano. Ciò è possibile attraverso un set di addestramento che appunto allena la macchina all’apprendimento automatico non supervisionato.
Invece, quando parliamo di Data Science intendiamo la disciplina scientifica di costruzione di modelli statistici e di tecniche di analisi che servono a trarre valore dai dati. È meno tecnica e più ampia del machine learning, occupandosi anche del “cosa” e non solo del “come”. Viene definita come un sottoinsieme dell’intelligenza artificiale perché i risultati della data science concorrono a costruire agenti intelligenti.
L’importanza che la Data Science sta acquisendo è figlia della digitalizzazione della società che brama sempre più un numero maggiori di dati, e riguarda perfino l’intelligence. Solo in Italia, lo scorso anno le banche sono state il primo settore che ha occupato circa il 28% del mercato degli analytics. A questo fanno seguito il settore manifatturiero con circa il 24%, telco (ad esempio Vodafone Automotive) e media (Amazon Prime, Netflix, Disney Plus) 14%, servizi 8%, Gdo e retail 7,5%, assicurazioni 7%, utility 6,5%, Pubblica amministrazione e sanità 5%.
Comprendiamo bene che questi colossi utilizzano il Data Science come un vero e proprio linguaggio che consente di rispondere con celerità alle esigenze delle richieste di mercato, acquisendo, col tempo, una fetta di mercato sempre più ampia. Questo in quanto alla base di qualsiasi dimensione aziendale vi è la logica del digital first.
Ma come si diventa Data Scientist?
Prima di tutto bisogna conseguire una laurea triennale in materie scientifiche, come in informatica, matematica o ingegneria, oltre che sostenere esami di un master in data science, di I o II livello, ad esempio quello di I livello in “Data Science: Information & Knowledge Management per Data Scientist” attivo presso l’Università telematica Niccolò Cusano. Ovviamente, il titolo di studio e gli ulteriori master o corsi di perfezionamento sono fondamentali ma sono solo un punto di partenza. Intraprendere questa professione richiede anche un continuo aggiornamento e una conoscenza approfondita della lingua inglese.